L’intensa attività clinica di questi mesi mi sta sempre più convincendo che la COVID non ha solo amplificato alcune “patologie psicologiche”, ma ha anche contribuito a crearne ex-novo.
Il caso di una Signora che si è rivolta al mio studio per una terapia di coppia, credo esemplifichi al meglio questa valutazione.
La signora ha una relazione sentimentale stabile con un uomo con cui condivide anche una attività lavorativa creata insieme; i due conducono una vita apparentemente piacevole e positiva fino a quando il compagno ormai di una vita, con il quale convive da trent’anni, decide di assumere una posizione “no-Vax”, abbracciando in modo radicale la tesi che potremmo definire “del complotto”. La donna improvvisamente si trova di fonte a un uomo che, oltre a passare la maggior parte del suo tempo a interagire sui social con la rete di “no-Vax”, non solo non ne vuole sapere attenuare o modificare la propria rigida posizione, ma anzi – al contrario – inizia a pretendere che gli altri si adeguino alla sua visione. La relazione diventa sempre più conflittuale, tanto che la donna incomincia a prendere in considerazione l’idea di separarsi.
Questo esempio clinico è illuminante di quel che si può definire l’effetto della “Polarizzazione”: chiunque assuma una posizione “estrema” e la abbracci in modo rigido, inevitabilmente provoca effetti relazionali che, il più delle volte, finiscono per mettere in crisi rapporti anche consolidati.
Qualunque scelta radicale estrema, senza nessuna possibilità di compromessi, al di là della sua ragionevolezza o meno, determina il venir meno dell’armonia della relazione con il proprio partner, nel rapporto genitori-figli e in tutti i contesti relazionali. Il risultato è la “spaccatura in due della realtà” – o bianco o nero! – e, se l’altro non si adegua, si crea un conflitto.
Per risolvere un conflitto, infatti, “la mediazione” tra le parti risulta sempre di fondamentale importanza, e quando le “posizioni” sono così lontane e rigide è decisamente arduo giungere a un punto d’incontro. Non avremo mai una “controprova” ma, con alta probabilità, se non fosse scoppiata la Pandemia, quest’uomo non avrebbe mai assunto una intransigente posizione “no-Vax” e questa coppia avrebbe vissuto in modo positivo a lungo.
Un altro esempio di rapporto messo in crisi dalla pandemia è quella di una coppia sposata da oltre trent’anni, fortemente legata ai valori tradizionali del matrimonio, della famiglia, dei figli e del lavoro, che improvvisamente decide di separarsi: con i figli ormai indipendenti, la moglie decide di andare a vivere da sola in un altro appartamento e il marito resta solo nella casa coniugale, salvo poi intraprendere un percorso di psicoterapia di coppia, con il fine dichiarato di provare a recuperare il rapporto. Non ci sono dubbi sul fatto che la loro fosse da tempo una relazione conflittuale e non del tutto soddisfacente: questa insoddisfazione, tuttavia, difficilmente avrebbe potuto – da sola – innescare la decisione della moglie di uscire di casa e allontanarsi dal coniuge.
Solo la Covid, la paura del futuro, la convivenza forzata e la pressione da esse esercitata sulle relazioni – in particolare in quelle matrimoniali e di convivenza – può spiegare l’improvviso precipitare degli eventi in relazioni di coppia che, in altre circostanze, avrebbero potuto continuare il loro percorso, ancorché tra alti e bassi, per lungo tempo.
Se la Covid da un lato ha contribuito in modo determinante a rimettere in discussione le relazioni di coppia fino ad esasperarle e in numerosi casi a condurle alla separazione, dall’altro ha paradossalmente consolidato e cristallizzato relazioni infelici.
Diverse coppie formatesi alla vigilia della Pandemia, infatti, hanno vissuto un bizzarro e doloroso effetto paradosso: la fase iniziale del rapporto – che avrebbe dovuta essere teoricamente idilliaca, all’insegna del piacere e dell’entusiasmo di stare insieme – è stata invece profondamente snaturata da un lockdown che ha fatto esplodere, sin dall’inizio, una situazione di disagio e conflitto.
Per quanto possa sembrare strano, talvolta le relazioni patologiche legano tanto più le persone, quanto più sono “disturbate”. Ci sono relazioni di coppia che per quanto infelici, malate, distruttive, tristi e insoddisfacenti sono estremamente “salde”: si tratta di relazioni complementari disfunzionali, o come vengono spesso definite “relazioni tossiche”, “incastri” negativi perfetti tra due persone.
Il Presupposto fondamentale della Terapia Strategica Breve è concordare fin dalla prima seduta un obiettivo concreto di cambiamento: ad esempio è importante definire se l’obiettivo della terapia di coppia sia avere aiuto per recuperare il rapporto, piuttosto che per separarsi definitivamente.
Per chi sente il bisogno di essere aiutato a rompere questi legami insani, vorrei suggerire tre consigli pratici:
- Esistono le vittime in quanto esistono gli aguzzini e viceversa: se noi ci poniamo nella posizione del tappeto, l’altro ci calpesta e ci maltratta perché siamo noi a permetterglielo. Dobbiamo assumerci la responsabilità del nostro contributo all’interno del rapporto e questo rappresenta il primo passo verso il cambiamento. Successivamente dovremo sviluppare una “reazione di sana rabbia” perché niente e nessuno si possa permettere di mancarci di rispetto e sottometterci;
- Centrati su te stesso: sposta il focus sul modificarti per rispettarti di più, recuperando la tua autonomia e lo stile che hai perso, traccia dei confini da difendere, che nessuno può permettersi di oltrepassare;
- Vincere senza combattere è la migliore delle vittorie possibili… ed è una tipo di vittoria che possiamo davvero provare a costruire insieme.
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