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La seconda “ondata” COVID e lo tsunami emotivo

La Paura è una delle cinque emozioni di base (le altre sono Gioia, Disgusto, Tristezza, Sorpresa) ed è un’emozione amica di cui, fortunatamente, siamo dotati dalla nascita.

È una emozione vitale perché ci aiuta a vivere: se essa non esistesse, non saremmo in grado di proteggerci dalla maggioranza dei pericoli e finiremmo per ripetere all’infinito gli stessi errori, facendoci male ed esponendoci ripetutamente agli stessi rischi, ad esempio ci bruceremmo ripetutamente le mani, attraverseremo incautamente la strada, ecc.

Ma se la paura è un’emozione naturale, il coraggio – al contrario – non lo è: dobbiamo quindi allenarci ad affrontarla, questa paura, per trasformarla in coraggio.

Quello che consigliamo da un punto di vista psicologico, anche se siamo consapevoli che si tratta di una scelta impegnativa, è di non negare e contrastare le emozioni, ma di preservarle e affrontarle: la paura PUO’ essere trasformata in coraggio.

L’Ansia ha, rispetto alla paura, una connotazione più patologica: se la paura amica va “messa in leva” (o meglio, preservata e coltivata), l’ansia nemica che ci blocca va limitata.

A tal proposito, ci sono due domande che ci aiutano e guidano a capire se ciò che sentiamo è una paura “amica” o un’ansia “nemica”:

  1. Ho paura di un certo accadimento: ma si tratta di un evento solo possibile o decisamente probabile? L’eccesso di preoccupazione privilegia sempre la probabilità, rispetto alla possibilità;
  2. Me ne preoccupo e basta o vado oltre e me ne occupo attivamente?

Facciamo esempi che ci riguardano.

  • Se siamo semplicemente (e ragionevolmente) spaventati dal Virus, allora avremo una sana preoccupazione che ci aiuterà ad adottare comportamenti efficacemente protettivi (indossare la mascherina o igienizzarci le mani, mantenere il distanziamento, ecc…).  Se invece andiamo oltre e iniziamo ad occuparcene, la paura eccessiva può trasformarsi in evitamento o, peggio, in sindrome da isolamento e noi psicologi sappiamo bene che questo può rappresentare un sintomo da non sottovalutare;
  • Se decidiamo di mandare a scuola i nostri figli, ci assumiamo il rischio che possano infettarsi; di contro, però, evitiamo che si isolino con tutte le conseguenze psicologiche che ne derivano (siamo animali sociali e la relazione con l’altro è VITALE!). Se agissimo al contrario, d’altra parte, sceglieremmo un danno certo, al posto di un danno incerto.

A livello di emozioni, la differenza che stiamo riscontrando tra prima e seconda ondata è la seguente: mentre durante il primo lockdown l’emozione predominante era la paura dell’isolamento, dell’ignoto e della malattia in quanto tale, nella seconda ondata sta emergendo la rabbia, dovuta all’impotenza e all’incertezza del domani e del lavoro.

La rabbia è un’emozione fondamentale, ma è come un veleno: se la teniamo dentro, rischia di farci del male, se esternata, in modo incontrollato, può far male agli altri. Se viene correttamente riconosciuta, orientata e governata, invece, può trasformarsi in grinta e determinazione, aiutandoci a tener duro e reagire efficacemente in questo contesto.